Per Kant "Un principio di arte educativa, che dovrebbero avere sotto gli occhi coloro che fanno piani educativi, è il seguente: i fanciulli non debbono venire educati conformemente allo stato presente della specie umana, ma per uno stato migliore possibile nell’avvenire secondo l’ideale dell’umanità e della sua destinazione.”
Tale concetto si ritrova in due diversi passaggi nel Frankenstein educatore di Meirieu:
“Fare posto al nuovo arrivato” non è così semplice. Oggi tutti sanno che, secondo la formula di Vincent de Gaulejac, alla “lotta di classe” si è sostituita la “lotta dei posti”. Sotto questo aspetto, il mondo sociale ed economico è senza pietà e guai a chi non riesce ad imporsi. Ma qui l’educazione non deve anticipare prematuramente con un “darwinismo scolastico” le realtà sociali. Al contrario, deve senza dubbio rimanere un polo di resistenza: resistenza contro gli eccessi dell’individualismo, resistenza contro la competizione accanita, resistenza contro una concezione della società in cui gli esseri sono inseriti una volta per tutte in traiettorie personali dalle quali non possono allontanarsi.”
“Non si tratta più solo di democratizzare l’accesso alla Scuola, ma bisogna anche democratizzare la riuscita gestendo al meglio l’inevitabile eterogeneità delle classi. Ora, una tale esigenza richiede che non ci si limiti all’uso di un solo metodo al quale determinati allievi sarebbero stati preparati o sarebbero particolarmente adatti, per via di un ambiente sociale favorevole o di una determinata storia personale. Al contrario, conviene diminuire l’inevitabile aspetto selettivo del monolitismo pedagogico e del sottostante “darwinismo educativo”: quando non c’è che un solo metodo, un solo mezzo per giungere al sapere, “solo i più adatti sopravvivono” e riescono.”
Le mie domande, un po' provocatorie, sono: quante generazioni di ragazzi bisogna sacrificare, perché si compia questa rivoluzione? E' evidente che continuare a sfornare diplomati totalmente incapaci di inserirsi nel mondo del lavoro li condanna ad un ben triste destino. Si badi bene: non mi riferisco tanto al mero sapere, quanto alle capacità di lavorare per obiettivi, sotto pressione, spesso con mezzi e tempi insufficienti, in un mondo ostile e iper-competitivo etc.E' giusto far uscire da scuola individui che saranno sicuramente disadattati, solo per coltivare il mito rivoluzionario di una intera Società? E poi, quale sarebbe questa società da "plasmare" iniziando dal sistema educativo? Quella di stampo sovietico pre-1989? Quella giapponese, dove il destino degli individui si decide già al momento di scegliere la scuola elementare dove mandarlo? Quella ultra-liberista degli Stati Uniti d'America? Quella Italiana?
Il mio timore, ma in realtà è quasi una certezza, è che attuando questo processo rivoluzionario si finirebbe per favorire i ragazzi dei ceti medio alti. Un ragazzo di buona famiglia troverà comunque un impiego grazie ai buoni uffici, appunto, della sua famiglia, indipendentemente da come è stato educato a scuola.
Ma tutti gli altri?