Educare, educatore, educazione

Educare, educatore, educazione

by nicolae ciprian berchisan -
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La teoria sulle intelligenze multiple di Gardner e la teoria sugli stili di
apprendimento
e sull’experiential learning di Kolb aprono «la strada a un approccio
individualista della formazione, in cui ogni soggetto deve essere messo nelle condizioni
di poter imparare sfruttando al meglio quelle che sono le sue intelligenze migliori e più
sviluppate, cercando pertanto il miglior stile d’apprendimento individuale» (Giusti &
Militello 2011: 46). Si punta a una formazione fortemente individualizzata con lo scopo
di scoprire e sfruttare al meglio le potenzialità intellettive di ciascun studente. Partendo
da queste teorie, Stevick
sviluppa la «glottodidattica umanistica» che rimarrà un
modello di riferimento per l’insegnamento delle lingue fino ai giorni nostri.


Molte persone ritengono che il cervello sia un mistero. Non ne sanno molto
sull’intelligenza e su come funziona. Quando, invece, pensano a cosa sia
l’intelligenza, molti credono che una persona nasce o intelligente o nella media o
stupida – e che vi rimane così per tutta la vita. Ma nuove ricerche hanno rivelato che
il cervello assomiglia più a un muscolo – cambia e diventa più potente quando lo si
usa. E gli scienziati sono riusciti a dimostrare come il cervello cresce e diventa più
forte quando impariamo. […] il cervello crea nuove connessioni e ‘cresce’ quando
le persone si applicano e imparano cose nuove. Quando impariamo cose nuove,
queste minuscole connessioni nel cervello si moltiplicano e diventano più solide. Più
si stimola la mente a imparare, più si moltiplicheranno le cellule del cervello. Alla
fine, le cose che una volta sembravano difficilissime o addirittura impossibili – come
parlare una lingua straniera o svolgere esercizi di algebra – sembreranno facili. Il
risultato è un cervello più potente e più intelligente.
(Dweck 2006: 218-219 - traduzione mia)


La lingua è uno strumento di comunicazione e, per imparare a comunicare, occorre
non solo acquisire alcuni automatismi e comprendere la sua struttura, ma anche e
soprattutto soddisfare pienamente i bisogni affettivi e cognitivi degli apprendenti. Si
mira a «coinvolgere tutti i sensi» dello studente per poter «attivare il maggior numero
di aree cerebrali e metterle al servizio dell’apprendimento». Il processo di
apprendimento è incentrato sulla «autorealizzazione della persona in un clima sociale»
e si cerca «una piena attuazione delle proprie potenzialità, che non sono necessariamente
le stesse delle persone che ci circondano, né si sviluppano attraverso gli stessi strumenti,
ma che possono integrarsi e potenziarsi vicendevolmente».


Come abbiamo visto, tutti questi metodi hanno, per così dire, un denominatore
comune: l’importanza dell’affettività, delle emozioni nel processo educativo. Si è capito
che «non è solo con l’intelligenza e la razionalità che si ha successo nell’apprendimento»
(Buccitti 2017: 56). Infatti, è stato dimostrato che le emozioni hanno un ruolo altrettanto
importante e contribuiscono «ai successi nell’apprendimento, all’interiorizzazione di
saperi e significati, al miglioramento dell’esperienza personale dell’adulto che apprende
e che trasferisce e applica nel proprio ambito professionale i risultati di quanto appreso
coinvolgendo le proprie risorse emotive» (Stefanini 2013: 19). E, aggiungeremo noi,
non solo dell’adulto, ma anche di qualunque individuo, di qualsiasi età ed estrazione
socio-culturale, alle prese con l’apprendimento di una lingua straniera.


E, per concludere, ricordiamo con Porcelli alcuni dei fattori che incidono
negativamente sull’apprendimento e l’acquisizione della lingua straniera:
1) la percezione negativa di sé in rapporto alle attitudini all’apprendimento di una
LS: “non ho ‘orecchio’ per le lingue”; “non mi entrano in testa i vocaboli” ...;
2) un rapporto competitivo (invece di un rapporto solidale e amicale) con il gruppoclasse e il timore, particolarmente vivo negli adulti, di ‘perdere la faccia’
commettendo errori;
3) problemi nei rapporti con il docente: l’insegnante antipatico, temuto e/o non
stimato (sul piano professionale ma anche a livello personale) è il peggiore
diaframma tra l’allievo e l’acquisizione di una lingua; gli atteggiamenti di eccessiva
severità conducono spesso a successi solo apparenti e non duraturi.
(Porcelli 2013: 84)




P.S.: Io insegno lingue. La mia idea di come si dovrebbero insegnare le lingue la potete leggere sopra (sono estratti dai miei lavori). Credo che tale idea si potrebbe applicare a qualsiasi materia. Come educatore, mi sento particolarmente ispirato dai seguenti "esperimenti" ai quali ho preso personalmente parte:


https://www.ted.com/talks/sugata_mitra_shows_how_kids_teach_themselves/transcript

https://www.ted.com/talks/sugata_mitra_the_child_driven_education/transcript

https://www.ted.com/talks/seema_bansal_how_to_fix_a_broken_education_system_without_any_more_money/transcript


Dall'ultimo video vorrei citare quanto segue:


So I go back to where I started: Can government systems transform? I certainly believe so. I think if you give them the right levers, they can move mountains.


Che ne pensate? Grazie mille e buona domenica a tutti!

Un saluto,
Nick