Buongiorno, in una delle ultime lezioni abbiamo parlato di come valutare la credibilità, o meglio l'affidabilità, degli scienziati , prendendo come metro di giudizio la loro produzione scientifica, dicendo che la laurea, o un percorso di studio scientifico non fosse sufficiente. Seguendo questo criterio però non riesco a capire come si potrebbero valutare i divulgatori scientifici, che spesso, ma non sempre, sono persone che hanno conseguito lauree in ambito naturale, ma che non presentano una produzione scientifica importante, e che hanno un ruolo fondamentale nel confronto con il pubblico. Per portare un esempio italiano, Alberto Angela si è laureato qui in Sapienza in Scienze Naturali, e da quanto si riesce a trovare su internet si è a conoscenza solo di una sua partecipazione a ricerche in ambito paleontologico post laurea. A questo punto bisognerebbe seguire ugualmente il criterio citato a lezione, e quindi prenderlo come una fonte non del tutto affidabile data la sua scarsa produzione scientifica, oppure considerarlo solo per la sua capacità oratoria e magari andare ad analizzare, come si fa per gli storici, la produzione scientifica del team che gli sta dietro, o utilizzare un altro tipo di criterio di valutazione?
Caro Nicolò, tu richiedi un parere e quindi premetto che il mio vale quanto quello di chiunque altro. Bè, io credo che, caso specifico che sollevi a parte (non possiamo negare l'importante - o fondamentale? - influenza culturale, prima, e istituzionale, poi, del padre di Alberto), ad un divulgatore scientifico non sia richiesto di dimostrare di essere uno scienziato ma un bravo giornalisa/divulgatore ovvero in grado di attenersi alle fonti (scientifiche, quelle si) per la sua opera di divulgazione. In una società democratica in cui dovrebbe vigere il pluralismo dei mass media, un bravo divulgatore si conquista la fiducia del pubblico atraverso programmi di qualità (se il pubblico è attento a questa caratteristica). Il divulgatore offre voce e visibilità alla ricerca scientifica di altri, riconoscendo le fonti, lo scienziato perla per sè e deve dimostrare quindi di essere sufficientemente autorevole. Se fosse come dici te, ovvero che anche ai divulgatori dovremmo chiedere indici di produzione scientifica per qualificarsi, nessuno farebbe più il divulgatore (che comunque in Italia sono pochissimi/e, sempre che esistano...). Piuttosto, penserei ad altre misure di valutazione più specifiche per il mondo giornalistico e della divulgazione. Ve ne vengono in mente alcune?
Non tutti i divulgatori scientifici allegano al proprio contenuto la bibliografia e i paper approfonditi... considererei il farlo già di per sé un buon indicatore, prima ancora di valutare la qualità del materiale utilizzato.
Inoltre molto spesso soprattutto i divulgatori su social (mi viene in mente Bressanini), hanno dei video di presentazione nei quali raccontano del loro campo di interesse e delle proprie attività di studio/ lavoro. Sicuramente un divulgatore che si occupi di questi argomenti anche nella vita reale avrà molta più esperienza e competenze da condividere...
Il dietro le quinte del divulgatore scientifico (inteso come colui che restituisce scienza fruibile anche ai non scienziati) lo immagino come un lavoro molto creativo. Un buon divulgatore non afferma solo la natura di qualcosa, ma permette a chi ascolta di andare oltre quello che si è detto. In questo modo si abbatte la sterilità del solo contenuto informativo e costruisci la credibilità nel tempo.
Io personalmente ho molta difficoltà ad usufruire della divulgazione scientifica (tenendo il mondo delle fake news spudorate fuori da quanto segue) tramite social.
Spesso video della durata di un minuto diventano il riassunto dell’etologia di una specie oppure consigli di gestione faunistica. Quello che mi rimane, dopo aver visionato questo tipo di filmati, rasenta il niente.
Questo è quello che vuole l’algoritmo di YouTube/instagram/Facebook? No, è quello che vogliono le persone.
Riprendendo il concetto del pluralismo dei mass media in democrazia, verrebbe da pensare che ognuno può accedere al livello di informazione scientifica che vuole. Perché dunque lamentarsi dei video brevi? Se voglio sapere solo la dieta dei bradipi, perché mai dovrei leggermi un libro o un paper sui bradipi?
Ho paura che questo meccanismo diventi culturale (se non lo è già) e porti poi al voler ricercare informazioni più dettagliare con la stessa facilità con cui si usano questi video, o peggio, non avere lo stimolo di accedere a delle informazioni solo perché non sono "pappa pronta". Quanto è pericolosa questa cosa? Quanto è importante il tempo in video di divulgazione?
Ritornando alla credibilità scientifica, così come alcune riveste possono perdere il loro Impact Factor (ad esempio se le loro pratiche di pubblicazione sono disoneste) così anche i divulgatori scientifici potrebbero avere qualcosa di simile, basato su dei riconoscimenti attribubili della comunità scientifica (per la maggior parte).
Si potrebbero utilizzare come parametri per questo riconoscimento;
1. Come riesce a spiegare la scienza a persone non del settore
2. Come riesce ad incoraggiare le persone ad attuare (ad esempio) delle misure gestionali di conservazione/ responsabilizzazione dei cittadini/ suscitare delle riflessioni o critiche
3. Su che basi scientifiche parla. Sono solide?
4. Riesce a trasmettere un’etica ambientale?
5. Come lavora nel tempo.