HELP: link Papini chiudiamo le scuole errato

HELP: link Papini chiudiamo le scuole errato

von gelöscht -
Anzahl Antworten: 4
scusate,

sto finendo di leggere il materiale didattico aggiuntivo.

cliccando sul file di Papini: chiudiamo le scuole, 

mi rimanda però al testo di Lucisano.


qualcuno di voi ha questo file word?


grazie

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Als Antwort auf gelöscht

Re: HELP: link Papini chiudiamo le scuole errato

von gelöscht -

Anch'io visualizzo lo stesso documento: 


Pensieri sull’educazione 

PIERO LUCISANO docente di Pedagogia – Università La Sapienza 


Mi è stato chiesto di proporre alcune riflessioni sull’educazione. È un tema difficile nei tempi che stiamo vivendo, ma i tempi che stiamo vivendo sono anche ricchi di stimoli che aiutano a liberarci da quelle certezze che impediscono di comprendere a fondo la complessità e la ricchezza che sono contenute nelle nostre esperienze. C’è nel concetto di educazione una forte pulsione normativa. C’è l’idea di conoscere quale sia il modo migliore di fare crescere gli altri, l’idea che il mondo andrebbe meglio se andasse come diciamo noi, che se andasse come diciamo noi sarebbe meglio per tutti. Un amore per gli altri che vorrebbe, per il loro bene, che gli altri crescessero come noi ci aspettiamo. Questa pulsione provoca poi una tremenda delusione. Gli altri sono come sono e non sempre come noi vorremmo. Ma i nostri progetti su di loro ci impediscono di comprendere e il fatto che gli altri e il mondo siano diversi dai nostri ideali genera in noi un’ira profonda e trasforma l’amore in delusione e talvolta in odio. Qualche tempo fa, mi sono trovato a scrivere l’introduzione di un testo di un autore francese dal curioso titolo Frankenstein Educatore. L’autore Mierieu, prende in considerazione i miti di fabbricazione dell’uomo per contestare l’idea di educazione come fabbricazione, a partire proprio dal Frankenstein di Mary Shelley, libro da rileggere con attenzione, per la profondità dei temi trattati (vi consiglio di rivedere il film del 1994 con Robert De Niro). La vicenda è ambientata a Ginevra, la città di Rousseau, della teoria che l’uomo nasce buono e che è la società a rovinarlo. Un giovane medico, Victor Frankenstein, è affascinato dai progressi della scienza. Victor Frankenstein è il creatore. Noi continuiamo a pensare che Frankenstein sia il nome della creatura, ma il creatore in realtà non gli da un nome, noi chiamiamo la creatura Frankenstein, nel nome del Padre. Questo padre cerca di utilizzare la scienza per costruire un uomo nuovo, più sano, più forte, più capace di resistere alla malattia e alla morte. Ma quando finalmente riesce nel suo progetto è deluso, la creatura non è come lui si aspettava. Cerca allora di dargli la morte. Ma la creatura resiste, fugge, si rifugia in un bosco, dove vive nascosto accanto a una famiglia di poveri. Impara spiando la famiglia a leggere, cerca di rendersi utile, è buono. Solo una bambina e un vecchio cieco, lo accolgono, ma quando gli altri lo vedono lo scacciano. È allora che ritrova il diario del suo costruttore, lo legge e scopre di essere ciò che è, creato e abbandonato e lì comincia la tragedia. Creare, costruire, è forse il peccato originale. Anche il Dio del Vecchio testamento costruisce l’uomo a sua immagine e somiglianza, e poi quando verifica che l’uomo a sua immagine e somiglianza, non si comporta come lui si aspettava lo scaccia, tutto il suo amore si trasforma in ira e lo porta a maledire la sua creatura. È utile riflettere su quest’ira, che ci porta a scandalizzarci o a deprimerci perché il mondo e gli altri non vanno nel modo giusto, quello che sarebbe meglio per loro e per tutti, quello che diciamo noi. Una delle forme di sublimazione di quest’ira è l’educazione. Quanto più la situazione sociale è confusa tanto più si sente il bisogno di educare e di fare in modo che le giovani generazioni crescano a norma. E in una situazione di cambiamento e di crisi come la nostra si rischia anche di attribuire all’educazione la colpa di ciò che succede e dunque di pensare che per migliorare la situazione ci vogliono dosi maggiori di educazione e educazione ancora più rigida. L’educazione è il luogo in cui questa pulsione normalizzatrice viene costituita in metodo, si definisce un modello, una visione dell’uomo e del mondo, di ciò che è bene e poi ci si impegna a fare crescere i giovani secondo questo modello. Una pulsione pervasiva. Al nostro tempo questo processo di trasmissione normativo è tanto sviluppato che si prevedono, a ragione, percorsi formativi quasi per ciascun aspetto della vita umana e sociale. Dai corsi prematrimoniali, alla preparazione al parto, ai corsi per genitori, alla patente di guida, corsi per guardare la televisione, corsi per respirare e dormire meglio, corsi per camminare meglio, corsi per utilizzare meglio la voce, corsi per rilassarsi. Quasi che per qualsiasi cosa intendessimo iniziare a fare sarebbe più saggio farla precedere da un corso in cui un esperto, la cui autorità è certificata da qualche certificatificio, ci fornisse i preliminari senza i quali i nostri tentativi risulterebbero meno efficaci o in qualche modo difformi. Né fa difficoltà l’evidenza che molto spesso gli esperti siano in contraddizione con ciò che propongono, poiché è la forma e non il contenuto ad essere proposto. Merita approfondire, in questa prospettiva pedagogica la provocazione di Feyerabend Contro il metodo.- sociali dando a questo sia nella forma lineare, sia nella forma dialettica, sia in una forma ancora più arditamente articolata comunque una forma. È dunque una forma, a guidare i processi di insegnamento apprendimento, mentre lo sviluppo dei processi di apprendimento attraverso l’esperienza sembra procedere con un dinamismo in cui le forme sono solo il portato (trascendentale o naturale) dei meccanismi cognitivi. Un’esperienza o un problema non sono mai di per sé riconducibili a un paradigma disciplinare, ma l’esigenza di presentarli come luoghi di una disciplina (o della disciplina1) fa sì che questi vengano presentati in una forma già definita. Le spiegazioni contengono le domande e le domande prevedono le risposte accettabili e se qualcuno prova a proporre qualcosa di diverso viene considerato somaro.

L’educazione è, infatti, il luogo in cui si rischia la ricerca della massima conformità. Pur nella proclamata consapevolezza della necessità di non inculcare, ma di trarre fuori, costantemente si ricade nella precettistica e nella modellistica in cui, disegnato un punto di arrivo noto a chi insegna e approvato da chi insegna, ad esso l’educando deve tendere e conformarsi, ovviamente per il suo bene. Il suo bene viene declinato di volta in volta sulla base di standard sociali fissati da istituzioni al di sopra di ogni sospetto. Chiese, Governi, Società delle Nazioni, Unione Europea, e anche associazioni benemerite come gli scout, si sono alternate nel declinare i saperi, le abilità, gli atteggiamenti, senza i quali non è possibile vivere adeguatamente in questo mondo, sia nell’esistenza presente, sia in alcuni casi nelle successive, e financo nella vita ultraterrena. Pensate al ritornello che abbiamo ascoltato tante volte sulle competenze necessarie per sopravvivere nella società della conoscenza così minaccioso e al tempo stesso così generalmente falsificato dalla sopravvivenza ai vertici delle nostre società, delle nostre aziende e dei nostri salotti di individui che di quelle competenze non padroneggiano quasi nulla. Nella maggior parte dei casi queste regole che ci sentiamo in dovere di insegnare appaiono ragionevoli e di qualche utilità e risultano da processi di ricerca o da intuizioni di rilievo. Tuttavia, ciò che merita osservare è che quello che in qualche modo viene chiamato progresso nasce solo dalla messa in discussione dell’equilibrio di conformità. In qualche misura esigenza di conformità è cercare una continuità nello sviluppo dei processi umani e presuntuoso, irriverente. I bambini come gli adulti, spesso, sopravvivono all’educazione sulla base del non capisco, ma mi adeguo. Allora forse bisogna cambiare paradigma e porci di fronte agli altri adulti o bambini con un atteggiamento di meraviglia per la complessità del mondo con il quale dobbiamo confrontarci, per la infinita bellezza della diversità individuale alla quale bisogna solo aprire spazi perché si possa manifestare appieno. Immaginare un amore per l’altro così come è e vuole essere e non per l’altro come potrebbe essere se si adeguasse al nostro progetto su di lui. Forse liberandoci dall’ira saremo più felici e potremo raccontare all’altro le nostre esperienze e la nostra felicità, lasciando che sia poi lui a compiere le sue esperienze, le sue scelte e trovare la sua strada. Questo richiede l’abbandono del giudizio sul mondo che deve essere sostituito dalla comprensione del mondo. Per comprensione intendo il prendere insieme e costruire insieme significati. Allora è possibile accompagnarsi a pubblicani e donne, mangiare con gusto di sabato anche prosciutto e fichi, e non perdonare ma comprendere Maria Maddalena e comprendere e voler bene anche a chi si ostina a costruire templi non richiesti, perfino ai nostri politici. Questo cambio di paradigma chiede di accantonare ideali e valori e scegliere di vivere cercando la massima armonia con il mondo e con gli altri malgrado tutto. 

1 Delle tante discipline scolastiche l’unico elemento comune finisce appunto per essere la disciplina. 


STRADE APERTE RIVISTA MENSILE DI EDUCAZIONE PERMANENTE

U M E R O G I U G N O 2 0 1 0 - A N N O 5 2



Als Antwort auf gelöscht

Re: HELP: link Papini chiudiamo le scuole errato

von gelöscht -

appunto, non è Papini!!


ha linkato due volte il suo di testo!