Inizio corso 6 marzo 2024
tutti i mercoledì e giovedì dalle 16 alle 20


Sulle possibilità di vivere e scrivere "in tedesco" dopo il 1945. Ingeborg Bachmann e Ilse Aichinger.


Il corso affronta la complessa relazione che fonda il rapporto tra esperienza storica e biografica, scrittura e ripensamento delle possibilità di una letteratura di lingua tedesca nella seconda metà del Novecento. Il caso di studio è una scrittrice nata non in Germania ma nella provincia austriaca, vissuta la maggior parte del tempo della sua produzione letteraria in Italia, con importanti momenti negli USA, in Germania, in Svizzera. La mobilità e "deterritorializzazione" sono rilevanti tanto quanto l'appartenenza a una cultura austriaca di confine. Essi segnano infatti una visione polifonica e multilingue della scrittura poetica, e proseguono portando alle estreme conseguenze una tratto distintivo della letteratura austriaca, che almeno da Hofmannsthal e Musil in poi si caratterizza come Sprachkritik - critica del linguaggio, di per sé critica dei costumi. Su questa base si segue la traiettoria di Ingeborg Bachmann, dalla precoce consacrazione nel canone poetico tedesco (anni cinquanta) alla crisi occorsa negli anni sessanta, attribuita dalla critica soprattutto a motivi biografici. Il corso, dopo aver messo a fuoco le poesie "canoniche" di Bachmann degli anni Cinquanta (Invocazione all'Orsa Maggiore, 1956), prosegue interrogando i "testi della crisi" (Non conosco mondo migliore, inedite ma scritte negli anni 1962-66), poesie inedite e romanzi, di cui solo uno giunge alla pubblicazione (Malina, 1973). La domanda critica proposta all'attenzione degli studenti sarà: cosa significa che una autrice all'apice della sua fama e canonizzazione come "poetessa" rinunci (apparentemente) alla scrittura in versi e nel privato del suo laboratorio decostruisca e metta in questione, continuando a scrivere poesie, il proprio stesso repertorio e strumentario retorico ereditato dalla poesia romantica e dalla poesia della "Klassische Moderne" del Novecento; quale sia la funzione della struttura ciclica di romanzi - rimasta incompiuta - dal titolo Todesarten (Modi di morire, ovvero Forme di morte). Quale sia il ruolo funzionale degli elementi della concreta biografia di Bachmann, usati in modo non "biografistico", ma come strumenti di critica del linguaggio e della postura dell'artista/letterato.

Il secondo caso di studio riguarda la scrittrice Ilse Aichinger, contemporanea di Bachmann, nata a Linz nel 1921 e cresciuta a Vienna, dove ha vissuto durante gli anni del regime nazionalsocialista e della Seconda guerra mondiale. L’esperienza del conflitto, delle persecuzioni e delle deportazioni si riflette, a livello poetologico, nella necessità di un radicale ripensamento delle possibilità di dire l’“Accaduto” e di trovare una risposta all’interrogativo, posto per primo da T.W. Adorno, sulla legittimità etica ed estetica di “scrivere poesie dopo Auschwitz”. Sulla base di questo sentimento di diffidenza della lingua (Sprachmisstrauen) si seguirà l’arco della produzione di Ilse Aichinger, con un focus sui primi testi programmatici, su alcune scene del romanzo La speranza più grande (1948 e 1960), su alcuni testi poetologici fondamentali (Der Querbalken, 1963; Meine Sprache und ich, 1968; Schnee, 1987) e su passi scelti tratti dal volume di prose brevi Schlechte Wörter (1976). Domande analoghe a quelle del primo caso di studio (Bachmann) guideranno anche le riflessioni sull’opera di Aichinger: che cosa significa scrivere dopo il 1945 in Austria e in Germania? Qual è la funzione della letteratura dopo la catastrofe umana del Novecento? Quale ruolo hanno le diverse forme (romanzo, prosa breve, poema in prosa, radiodramma, saggio, aforisma) sperimentate da Aichinger nella sua lunga ricerca poetica? Che cosa significa nel 1978, per un’autrice entrata nel canone letterario di lingua tedesca, rinunciare alle “belle parole” e scegliere solo parole “di seconda o terza scelta”? Partendo dalla lettura dei testi dell'autrice verranno discusse e/o problematizzate alcune categorie estetiche, come “poetica del silenzio”, “ermetismo” “assurdismo” o “grottesco”, che spesso sono state sfruttate per decretare tout court una presunta incomprensibilità dei testi di Aichinger.