Indice degli argomenti

  • Letteratura secondo anno magistrale18/19: "Sulle possibilità di vivere e scrivere "in tedesco" dopo il 1945. Il caso Ingeborg Bachmann"

    Evidenziato

    N.B. A CAUSA DI UN PROBLEMA DI SALUTE DELLA PROF. MIGLIO IL CORSO SI TERRA' NEL SECONDO SEMESTRE!!! (E NON NEL PRIMO COME INIZIALMENTE ANNUNCIATO)

    A PARTIRE DALLA SECONDA SETTIMANA DI OTTOBRE PARTIRA' COMUNQUE UN SEMINARIO INTEGRATIVO DI LETTURA E TRADUZIONE TESTI

    Sulle possibilità di vivere e scrivere "in tedesco" dopo il 1945. Il caso Ingeborg Bachmann


    Il corso affronta la complessa relazione che fonda il rapporto tra esperienza storica e biografica, scrittura e ripensamento delle possibilità di una letteratura di lingua tedesca nella seconda metà del Novecento. Il caso di studio è una scrittrice nata non in Germania ma nella provincia austriaca, vissuta la maggior parte del tempo della sua produzione letteraria in Italia, con importanti momenti negli USA, in Germania, in Svizzera. La mobilità e 'deterritorializzazione' sono rilevanti tanto quanto l'appartenenza a una cultura austriaca di confine. Essi segnano infatti una visione polifonica e multilingue della scrittura poetica, e proseguono portando alle estreme conseguenze una tratto distintivo della letteratura austriaca, che almeno da Hofmannsthal e Musil in poi si caratterizza come "Sprachkritik" - critica del linguaggio, di per sé critica dei costumi.
    Su questa base si segue la traiettoria di Ingeborg Bachmann, dalla precoce consacrazione nel canone poetico tedesco (anni cinquanta) alla crisi occorsa negli anni sessanta, attribuita dalla critica soprattutto a motivi biografici. Il corso, dopo aver messo a fuoco le poesie "canoniche" di Bachmann degli anni Cinquanta (Invocazione all'Orsa Maggiore, 1956), prosegue interrogando i "testi della crisi" (Non conosco mondo migliore, inedite ma scritte negli anni 1962-66). Poesie inedite e Romanzi di cui solo uno giunge alla pubblicazione (Malina, 1973). La domanda critica proposta all'attenzione degli studenti sarà: Cosa significa che una autrice all'apice della sua fama e canonizzazione come "Poetessa" rinunci (apparentemente) alla scrittura in versi e nel privato del suo laboratorio decostruisca e metta in questione, continuando a scrivere poesie, il proprio stesso repertorio e strumentario retorico ereditato dalla poesia romantica e dalla poesia della "Klassische Moderne" del Novecento; quale sia la funzione della struttura ciclica di romanzi - rimasta incompiuta - dal titolo "Todesarten" (Modi di morire, ovvero Forme di morte). Quale sia il ruolo funzionale degli elementi della concreta biografia di Bachmann, usati in modo non 'biografistico', ma come strumenti di critica del linguaggio e della postura dell'artista/letterato.

    Testi consigliati

    Ingeborg Bachmann, Anrufung des Grossen Baeren, in Werke, II, Piper, Muenchen
    Trad. it Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa maggiore, a cura di Luigi Reitani, SE, Milano

    Ingeborg Bachmann, Ich weiss keine bessere Welt. Die Gedichte aus dem Nachlass, Piper
    Trad. it- Non conosco mondo migliore, traduzione di Silvia Bortoli, Guanda 

    Ingeborg Bachmann, Malina, Suhrkamp, Frankfurt am Main
    trad. it. Malina, Adelphi, Milano

    A scelta:
    Ingeborg Bachmann, Das Buch Goldman, Suhrkamp
    oppure
    Ingeborg Bachmann, Male oscuro. Aufzeichnungen aus der Zeit del Krankheit

    Prerequisiti

    Non sono richiesti particolari prerequisiti, se non la disponibilità a frequentare con costanza il corso e la consultazione assidua della pagina e-learning su moodle2 Sapienza.

    Modalità di valutazione

    L'esame consiste nella discussione critica di temi e problemi esposti nel corso; sono previsti incontri laboratoriali con presentazioni di gruppo. Si consiglia di elaborare una mappa concettuale o un elaborato di circa 8 cartelle che costituirà la base da cui partire nell'esposizione orale.

    INIZIO LEZIONI MAGISTRALE: 6 MARZO 2019

    ORARIO PROF. MIGLIO SECONDO SEMESTRE – a partire dal 5.03.2019

    Martedì

    Mercoledì

    Venerdì

     

     

     

    Ore 12.30-14.30 St. 101

    St. 101 1 piano M. Polo

    Ricevimento studenti

     

    Ore 13-15

    Lab 5 3 piano M. Polo

    Letteratura tedesca Magistrale II anno

    Ore 15-17

    St. 101 1 piano M. Polo

    Ricevimento studenti

     

     

    ORE 17-19

    Lab 5 3 piano M. Polo

    Letteratura tedesca Magistrale II anno

     

     

    Mercoledì 6 marzo

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    Introduzione al corso.

     

    Panoramica degli argomenti, indicazioni bibliografiche, illustrazione delle letture integrative 

    Venerdì 8 Marzo 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    La “Crisi del linguaggio” nella letteratura di lingua tedesca. I parte:

    Le cesure del Novecento: la Crisi di fine secolo e dei primi del Novecento. Il rapporto tra parole e realtà

    Autori citati: Friedrich Nietzsche, Hugo von Hofmannsthal, Rainer Maria Rilke, Robert Musil, Ludwig Wittgenstein

    Mercoledì 13 marzo

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    La “Crisi del linguaggio” nella letteratura di lingua tedesca. II parte:

    Il rapporto tra parole e realtà nel sistema totalitario e concentrazionario. La lingua “danneggiata”. L’interrogazione sulle possibilità di parlare, scrivere, vivere in tedesco“dopo Auschwitz”

     

    Autori citati:

    Viktor Klemperer, Theodor W. Adorno, Ingeborg Bachmann, Paul Celan

    Venerdì 15 Marzo 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    Scrivere dopo Auschwitz. L’esperienza di scambio tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan: La scrittura come gesto; 

    Bachmann, Lezioni di Francoforte 1959

    Mercoledì 20 marzo

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    L'io attraversato dalla Storia; La poesia è la storia

    Bachmann, Lezioni di Francoforte 1959

    Venerdì 22 Marzo 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    L'intertestualità, ovvero frammenti di discorso amoroso

    Bachmann, Musik und Dichtung (Musica e poesia) 1964

    Mercoledì 27 marzo

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    Il gesto di andare in terra straniera. Il (proprio) corpo in movimento come terreno di sperimentazione. La scrittura del, sul, dentro il corpo. "Poetische Korrespondenzen" tra Celan e Bachmann

    ancora L'intertestualità, ovvero frammenti di discorso amoroso

    Celan,In Egitto (Poesia in una lettera a Ingeborg Bachmann 1948)

    Celan, Corona, 1957

    Venerdì 29 Marzo 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    Proiezione del film: Die Geträumten, con sottotitoli in inglese

    Film sul carteggio Bachmann - Celan

    Mercoledì 3 aprile

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    saggio radiofonico

    Ingeborg Bachmann, Saggio radiofonico su Ludwig Wittgenstein

    Venerdì 5 aprile 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    Bachmann e il distacco dalla "Heimat"

    Letture da Invocazione all’Orsa Maggiore: Von einem Land...

    Mercoledì 10 aprile

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    LETTURA TESTI la “terra primigenia”. Le poesie italiane, la vita in Italia. 

    Letture da “Invocazione all’Orsa maggiore”: Das erstgeborene Land, Lieder von einer Insel

    Venerdì 12 aprile

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    Il rapporto con la tradizione romantica e l’innovazione novecentesca: La poesia non è metafora, ma realtà, performance nel qui e ora della lettura

     Letture da “Invocazione all’Orsa maggiore”: Lieder von einer Insel

    Mercoledì 17 aprile

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    lettura  Lieder von einer Insel

    Venerdì 3 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    L’anno di svolta 1959-1960:

    Keine Delikatessen”

    Il problema del linguaggio della poesia. Produttività della “Sprachkrise”

     

    Poesie di Bachmann (Antologia di Teresa Mandalari)

    Mercoledì 8 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    Davvero un tempo di malattia?

    Malattia, sofferenza dell’io e ordine del mondo

    Lettura testi poetici da Ich weiss keine bessere Welt

    Bachmann, Weiss und Schwarz, da Ich weiss keine Bessere Welt

    Bachmann, Passi dal Libro del deserto

    Venerdì 10 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    Proiezione del Film Malina, di Werner Schroeter, con Michelle Pfeiffer, Sceneggiatura e adattamento di Elfriede Jelinek

    Film con sottotitoli

    Mercoledì 15 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 17-19

    Presentazione del romanzo Malina

    Malina come decostruzione del modello narrativo del romanzo

    Lettura e analisi della struttura del Romanzo come interrogazione critica sulle possibilità di narrare nelle forme tradizionali, ma anche nelle forme sperimentali accreditate nel romanzo novecentesco

    Venerdì 17 maggio 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    La costruzione ciclica e polifonica dei romanzi

    Lo spazio polifonico

    Monologo, Dialogo, intertestualità in Malina e pluridimensionale tra saggi, romanzi e poesia (valore dell’incompiutezza)

    Mercoledì 22 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 15-17

    Letture da Malina

    Venerdì 24 maggio 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    Cosa vuol dire scrivere su diversi livelli: pubblicare, revocare, aprire uno spazio che precede la pubblicazione, ma permette di abitare uno spazio di scrittura che è anche uno spazio etico di vita

    Lettura testi e analisi

    Mercoledì 29 maggio

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 15-17

    ricerca della lingua nuova, di strutture che rompono con la tradizione nella quale la critica e il pubblico avrebbero  voluto circoscrivere l’immagine di Bachmann.

    Lettura testi e confronti

    Venerdì 31 maggio 

    Lab 5 3 piano Marco Polo

    Ore 13-15

    _________________________

    4 giugno

    Aula seminari e tesi Vetrerie Sciarra 

    5 giugno

    Domande aperte sulla produttività della crisi del linguaggio nella scrittura di Ingeborg Bachmann

    __________________________

    Giornata di studi

    SEMINARIO APERTO GESTITO DAGLI STUDENTI

    Libro del deserto

    Discussione

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    SEMINARIO

    lettura testi

  • Calendario del seminario-laboratorio di lettura e traduzione I semestre

    Seminario-laboratorio di lettura e traduzione, I semestre. Propedeutico ai corsi di letteratura tedesca magistrale, prof.ssa Miglio e prof. Guerra. Valevole per 2 CFU AAF

    In collaborazione con: Gaia D'Elia, Giovanni Giri, Matteo Iacovella, Cristiana Tappatà

    Giorno

    Lezione

    Dettagli

    10/10/18

    Incontro preliminare

    Presentazione delle linee guida del corso, del calendario e del metodo. Distribuzione della traduzione italiana della terza lezione di Francoforte.

    E-learning: testo originale. Estratti da Spedicato, Jakobson, Osimo (Manuale del traduttore), Miglio (The Vita Activa of Translation).

    17/10/18

    Ingeborg Bachmann: lettura e traduzione di un testo destinato a un pubblico di ascoltatori accademici.


    Terza lezione di Francoforte: L'Io che scrive

    Laboratorio di lettura e traduzione: terza lezione di Francoforte. Osservazioni sul lavoro svolto durante la lezione precedente.

    24/10/18

    Ingeborg Bachmann: lettura e traduzione di una lettera privata al proprio psichiatra.


    Male oscuro

    Lettura e traduzione del testo tedesco. Lavori di gruppo.

    31/10/18

    Male oscuro

    Lettura e traduzione del testo tedesco. Lavori di gruppo.

    07/11/18

    Male oscuro/Fanny Goldmann

    Revisione reciproca (peer revision) delle parti di testo tradotte. Discussione di gruppo su problemi di traduzione a tutti i livelli (lessicale, fonico, ritmico, sintattico, pragmatico, testuale).

    Introduzione a Das Buch Goldmann a cura di Cristiana Tappatà.

    14/11/18

    Ingeborg Bachmann: lettura e traduzione di diversi incipit di un testo inedito.


    Fanny Goldmann

    Pag. 79-81 del testo tedesco. Confronto di due traduzioni italiane edite.

    [Cristiana Tappatà]

    21/11/18

    Rainer Kunze: Der Vogel Schmerz + introduzione a Hölderlin

    Laboratorio comparativo della poesia di Kunze + impressioni sulla lettura comparativa tradotta di Gesang des Deutschen nelle versioni di Vigolo, Mandruzzato e Reitani.

     

    [Gabriele Guerra, Giovanni Giri]

    28/11/18

    Friedrich Hölderlin: Gesang des Deutschen e laboratorio su Diotima (Komm und besänftige mir)

    [Gabriele Guerra, Giovanni Giri]

    16/1/19

    Ingeborg Bachmann: lettura e traduzione di un testo edito.

    Malina

    Pag. 212-213 del testo tedesco.

    [Gaia D'Elia, Matteo Iacovella, Camilla Miglio]

    23/01/19

    Lettura del testo poetico inedito legato al passo di Malina.

    Pag. 160-161 (Non conosco mondo migliore, testo a fronte).

    [Camilla Miglio]

     

  • 17 ottobre 2018

    Metodi, strumenti e letteratura primaria

    Camilla Miglio, The Vita Activa of Translation, in: F. Italiano, M. Rössner, Translation: Narration, Media and the Staging of Differences (2014).

    Bruno Osimo, L'analisi traduttologica e i vari tipi di traduzione, in: Manuale del traduttore (2008).

    Pagina su Bachmann del portale Lyrikline, dove è possibile ascoltare dieci sue poesie lette da Bachmann stessa:

    https://www.lyrikline.org/de/gedichte/alle-tage-265

    Ingeborg Bachmann, Über das Ich, in: I. Bachmann, Kritische Schriften, hrsg. von M. Albrecht und D. Göttsche, München, Piper (2005).

    [Questa lezione fu registrata lo stesso anno per Bayerischer Rundfunk. Purtroppo non esiste una registrazione della lezione francofortese, ma solo la versione radiofonica, che ascolteremo insieme a lezione.]

    Presentazione della cattedra di poetica (Poetikdozentur) sul sito della Goethe-Universität di Francoforte sul Meno:

    https://www.uni-frankfurt.de/45664892/ueber_die_poetikdozentur

  • 24 ottobre 2018 - Male oscuro

    Gruppo 1: da inizio a S. 69 Z. 5

    Gruppo 2: da S. 69 Z. 6 a S. 69 Z. 32

    Gruppo 3: da S. 70 Z.1 a S. 70 Z.32

    Gruppo 4: da S. 70 Z. 32 a S. 71 Z. 30

    Gruppo 5: S. 72


    N.B. Le ultime pagine del file messo a disposizione (in particolare pp. 217-219) contengono delle importanti note esplicative sulla lettera di Bachmann.

    • Recensione di Camilla Miglio al libro di Marie Luise Wandruszka (Università di Bologna): Ingeborg Bachmanns ganze Gereichtigkeit, in cui si parla (anche) del verbo zugrunde gehen, di cui abbiamo discusso a lezione e che Bachmann cita più volte nella lettera allo psichiatra.

    • Testo e analisi della poesia, che Bachmann chiama nella lettera mein schönstes Gedicht.

    • Dattiloscritto originale, con correzioni a mano, conservato presso la Biblioteca nazionale austriaca a Vienna.

  • Prime bozze di traduzione di Male Oscuro

  • 7 novembre: introduzione a Fanny Goldmann

  • 16 gennaio: Malina

  • 23 gennaio: Poesie postume

    • Alcune poesie postume di Ingeborg Bachmann, raccolte in Ich weiß keine bessere Welt/Non conosco mondo migliore (trad. it. S. Bortoli).

  • 8 marzo: attività in modalità e-learning sul concetto di crisi, Crisi del Linguaggio e aperture utopiche nel 900

    Si propongono qui alcuni testi canonici per mettere a fuoco tappe fondamentali della "crisi del linguaggio" in aurea germanofona, portatrici di conseguenze importanti nel pensiero europeo del Novecento.

    Nelle slide

    alcune citazioni da Benjamin, Bodei, Bloch, Arendt - importanti per arrivare a pensare il nesso tra crisi del linguaggio e concetto di "letteratura come utopia" di Bachmann

    In PDF

    - con testo a fronte - l'imprescindibile "Lettera di Lord Chandos" di Hugo von Hofmannnsthal, che inaugura il secolo

    tratto da: 

    Hugo von Hofmannsthal: Gesammelte Werke in Einzelausgaben. Prosa II. Hg. v. Herbert Steiner. Frankfurt [S. Fischer] 1976. S. 7-20.

    Erstdruck 1902 in der Zeitung »Der Tag«.

    corredata dal PDF di commento e introduzione di Claudio Magris

    - testo integrale di   Die Verwirrungen des Zöglings Törleß, su gutenebrg.de

    scaricare il testo integrale

    Per aprire la risorsa fai click sul link http://www.gutenberg.org/files/34717/34717-h/34717-h.htm
    versione italiana

    http://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/toerless/musil1.html

    Di Robert Musil, I Turbamenti del Giovane Törless in traduzione italiana - leggere il capitolo 2 e riflettere sulla relazione tra linguaggio della matematica ed esperienza sensoriale

  • 13 marzo Crisi del linguaggio, scrittura dopo Auschwitz e possibilità di ri-costruzione dalle macerie

  • 15 marzo Bachmann_ Celan. La scrittura come gesto, la poesia come azione che attraversa il tempo

    • Ingeborg Bachmann (1927-73), one of the most acclaimed German-language poets of the post-war period, famously turned away from the lyric during the 1960s. Publicly declaring that she had stopped writing poetry, Bachmann began work on the prose Todesarten cycle that would dominate the last decade of her life. During a period of personal breakdown in the 1960s, however, she privately continued to write in verse, and the publication of selected drafts in 2000 threw new light on her compositional methods in this period. As the most extensive study to date of the poetic drafts, this monograph leads away from the polemic that surrounded their publication to establish the fragmentary texts as an experimental stage of writing that proved formally and thematically significant for later published prose works. Bridging the genre gap of much Bachmann scholarship, McMurtry illuminates the development of a reflexive mode where sophisticated aesthetic strategies enable the oblique expression of cultural critique. Áine McMurtry is Lecturer in German at Durham University.

    • Inserisco qui il mio volume su Paul Celan. Consiglio la lettura, per approfondimenti, del Prologo, che spiega la Funzione della temporalità del linguaggio, della figura della ripetizione, del pattern dell' "a fronte" di cui abbiamo trattato a lezione (Vita, scrittura, luoghi, dolore, scritture altrui, "ripetuti in avanti").

      Consiglio, sulla questione della lingua deterritorializzata, la lettura del capitolo "Vicina, estranea: La Lingua"; e per comprendere il ruolo di Mandel'stam il capitolo "Riscrivere L'est".

      Inoltre, sulla questione della traduzione etica e linguistica del dolore, consiglio la lettura dell'Epilogo.

      N.B. DATO CHE HO VERIFICATO LA SCARSA DISPONIBILITA' SU AMAZON (1 SOLO ESEMPLARE) ALLA DATA DI OGGI, 17 MARZO 2019, HO INSERITO IL PDF DEL VOLUME. ESSENDO COPERTO DA COPYRIGHT L'USO DEL PDF E' DI ESCLUSIVO USO INTERNO AL CORSO E SOTTOLINEO IL DIVIETO (STABILITO DALLA LEGGE SUL COPYRIGHT, CHE NON APPARTIENE A ME MA ALL'EDITORE) DI DIFFONDERLO AL DI FUORI DEL NOSTRO CONTESTO INTERNO DIDATTICO. GRAZIE

  • Andare in terra straniera: un gesto etico, politico, linguistico. Verso Sud, verso Est

    - Ancora sul dialogo Celan Bachmann.

    Vita e scrittura come esperimento su di sé

    - (La scrittura del corpo e sul corpo _ reminiscenze kafkiane: La colonia penale)

    - La lettera/poesia di Celan a Bachmann: "La straniera"; "In Egitto"

    Due icone si fronteggiano. Figlia del carnefice, figlio delle vittime.

     

    Ingeborg Bachmann legge Dunkles zu sagen 

    Segue intervista a Elfriede Jelinek

  • Proiezione del film Die Geträumten, film sul carteggio Bachmann-Celan

  • IL DICIBILE E L'INDICIBILE. 1953, RADIOESSAY SU LUDWIG WITTGENSTEIN

  • La deterritorializzazione necessaria verso Sud. Dalla terra del rimorso demartiniana alla terra del "morso" di Bachmann

    Ingeborg Bachmann parla in italiano in un programma RAI (materiale d'archivio RAI cultura - teche) e legge La Boemia è sul mare - e spiega chi sono per lei iboèmi. Sono degli “erranti”. Bachmann racconta che quando conobbe Praga le venne in mente la frase di Shakespeare (contestata da Ben Johnson) “La Boemia è sul mare”, e di averne capito il senso.

    http://www.raiscuola.rai.it/articoli/ingeborg-bachman-shakepeare-aveva-ragione/8870/default.aspx

  • Laurea in memoriam in filosofia a Anna Donzelli, vostra giovane collega laureanda, prematuramente scomparsa nell'estate del 2018, cui la Facoltà di lettere ha reso omaggio dandole il Titolo di Dottore in Filosofia, 5.04.2019

    Trovate qui alcuni estratti dalla tesi di laurea di Anna Donzelli. Una giovane studentessa, vostra coetanea che avrebbe partecipato a buon titolo ai nostri discorsi. Vi ho letto a lezione parte delle sue parole, per ricordarci che - come dice Hannah Arendt - anche le nostre parole, se scritte, pronunciate 'in pubblico', sono prassi, lavoro, vita activa.

    Così Anna vive e parla insieme a noi.

  • testo Ich weiss keine bessere welt - poesie postume

  • Malina

  • letture di approfondimento. linguaggio e corpo

  • Testi gruppo di lettura, martedì 7 maggio. Approfondimento carteggio Bachmann-Celan e lettura di In Egitto, Corona e Colonia am Hof

  • keine Delikatessen

  • Proiezione del film "Malina"

  • Testi gruppo di lettura, martedì 14 maggio. Approfondimento poesie italiane di Ingeborg Bachmann

  • Meine Gedichte sind mir abhanden gekommen

    testo di GIOVANNI BATTISTA GUARINI

    Parlo, miser, o taccio?
    S’io taccio, che soccorso avrà il morire?
    S’io parlo, che perdono avrà l’ardire?
    Taci, che ben s’intende
    chiusa fiamma talhor da chi l’accende;
    parla in me la pietade,
    parla in lei la beltade
    e dice quel bel volto al crudo core:
    chi può mirarmi e non languir d’amore?

    • Pubblicato a Venezia nel 1619, dopo cinque anni dalla stampa del Sesto Libro, il "CONCERTO” (come Claudio Monteverdi intitola il suo Settimo Libro de’ Madrigali) venne edito a Venezia dallo stampatore Bartolomeo Magni. Aprendo il libro, accanto ad un sonetto d’un anonimo ammiratore del musicista (Sul MONTE, che da terra al cielo asceso), Monteverdi pone un’interessante dedica a Caterina de’ Medici (1593- 1629), figlia di una delle più importanti famiglie italiane che regnavano su Firenze e nipote della ben più famosa e controversa Caterina de’ Medici, regina di Francia. Con uno stile da devoto cortigiano, dedicando il libro alla sposa di Ferdinando Gonzaga principe del ducato di Mantova (città italiana che così spesso abbiamo nominato nelle precedenti pubblicazioni monteverdiane), egli tenta di tenere i rapporti con quel capoluogo che tanto aveva amato e contemporaneamente odiato, perchè mai gli aveva riconosciuto quegli onori di musicista già famoso in tutta Europa. Nel 1614, Monteverdi aveva abbandonato Mantova per Venezia (dove rimarrà fino alla morte): non è casuale che proprio in quell’anno ci offra il Sesto Libro, quello dedicato al tema dell’addio, della separazione. Sia che si tratti d’abbandono narrato (quello provato dai personaggi narranti), che di doloroso commiato fisico, in quella stampa il divino Claudio ci ha offerto un ultimo, definitivo, sofferente e sublime tributo a quel modo di comporre Madrigali che fu fonte di tante sue precedenti opere d’arte. Monteverdi non dimenticherà mai Mantova e i Gonzaga, come mai dimenticherà il Madrigale in quella forma a cinque voci che lo rese unico nel panorama della storia della musica. A quel tempo Venezia era la città dell’innovazione, centro d’una nuova concezione del potere politico, la Repubblica: La Serenissima (com’era definita la città lagunare e il suo potere territoriale) non si assoggettava ad un duca o un principe, ma viveva in piena libertà e autonomia sia politica che religiosa. La Basilica di San Marco, per esempio, aveva un’indipendenza liturgica da Roma e il Patriarca (la figura religiosa più importante della città, più del vescovo nominato da Roma) non era nominato dal papa ma direttamente dal Doge e dal Maggior Consiglio. Abbracciando questa città, Monteverdi abbraccia una diversa concezione culturale, in una direzione di totale rinnovamento compositivo, lontano dalla corte, dal giogo cortigiano e dalla sudditanza al principe.
      Il duca Ferdinando Gonzaga appare solo di sfuggita nella dedica del Settimo Libro: tutta l’attenzione è rivolta alla moglie Caterina. Il duca era presumibilmente in collera per la decisione del compositore di lasciare la città (ricordiamo che significativamente il Sesto Libro è l’unico che fu pubblicato senza dedica: come accettare una pubblicazione d’addio?) ma, in quel momento, Monteverdi non era certamente una priorità per lui. Ferdinando ereditava, infatti, una fragile situazione finanziaria che egli stesso aggravò con vita e scelte politiche sbagliate: fu questa circostanza a costringerlo a svendere una delle più sfarzose collezioni d’opere d’arte (la celeberrima Celeste Galeria che compendeva opere di Bruegel, Cranach, Dürer, Mantegna,Tiziano, Rubens, Giulio Romano, Tintoretto, Reni, Correggio, Veronese, oggi sparse nei più importanti musei del mondo). Monteverdi spera di mantenere i rapporti con Mantova attraverso la dedica del Settimo Libro: “questi miei componimenti saranno pubblico et autentico testimonio del mio devoto affetto verso la casa Gonzaga, da me servita con ogni fedeltà per decine d’anni”. La decisione di volgere al nuovo e alla Serenissima Repubblica di Venezia, è però irrevocabile: morto, nel 1619, il musicista ufficiale della corte dei Gonzaga (ricordiamo che mai Monteverdi ebbe questa carica ufficiosa), il compositore fu richiamato al servizio del duca, ma egli eluse l'invito con alte richieste economiche. La considerazione in cui era tenuto il suo lavoro, il buon stipendio percepito (“non vivo ricco no, ma non vivo neanche povero” scriverà a Striggio nel 1627), il fatto di trovarsi alle dipendenze d’una istituzione solida e non soggetta agli umori volubili d’un duca, lo portarono a rifiutare quel passato a corte, conservando il nuovo “servitio dolcissimo” e la carica di Maestro di Cappella della Serenissima Repubblica (così si definisce nel frontespizio del libro) nella Basilica Palatina di San Marco di Venezia (che, ricordiamo, non era un duomo ubbidiente a Roma, ma la chiesa di palazzo, la cappella ufficiale delle liturgie religiose della Repubblica).
      Questa nuova condizione, unitamente alla sua naturale propensione per ricercare e sperimentare nuovi percorsi compositivi, lo porta a pubblicare un libro in netta rottura con le precedenti pubblicazioni: qui il madrigale è trasformato o, forse, sarebbe meglio dire totalmente scomparso nella forma alla quale siamo stati abituati a riconoscerlo fino a questo punto. In trentadue composizioni (anche questa una novità in quanto tradizionalmente i libri precedenti raccoglievano dai diciotto ai ventun brani al massimo) non viene incluso nemmeno un madrigale a cinque voci, ma solo brani da una a quattro voci (ben quindici sono “a due”) tutti con basso continuo, alcuni concertati con violini, unitamente a brani che potremmo dire “sperimentali” perchè non assimilabili alla forma tradizionale del madrigale. Proprio per quest’eterogenea varietà d’opere Monteverdi impone il titolo di “CONCERTO”, termine ricco di qualità, programma stilistico che addita maniere di contrasti entro l’andare concorde delle parti e confronti fra voci e strumenti. Non ancora l’esecuzione dinnanzi a un’adunanza. Eppure v’è un’interna disposizione dei pezzi calcolata nel libro, bilanciata (Claudio Gallico: Monteverdi, 1979).
      Proprio la disposizione dei brani, in questo libro, ha creato molte contraddittorietà tra gli studiosi ed esecutori, offrendone diverse soluzioni: alcuni esecutori sconvolgono quest’ordine (Cavina); altri musicologi (tra cui Malipiero e tutti quelli che lavorano sulla sua trascrizione) rispettano la stampa del basso continuo che (per ragioni di mera grafica editoriale) pone il brano Non è di gentil core come secondo anzichè terzo (come è invece segnato in tutte le altre parti vocali e strumentali). Non ritengo sia solo una pura discussione accademica rispettare il pensiero monteverdiano, in quanto ritengo che l’ordinamento voluto dall’autore sia fondamentale per comprenderne questa “disposizione calcolata e bilanciata”. Come avevamo già riscontrato in tutti i libri precedenti, i brani si susseguono con una precisa razionalità tutta da osservare e rispettare, perchè oltre ad aderire ad un criterio di crescente compagine vocale (ordinata secondo precise estensioni vocali), il libro si presenta come una specie d’opera lirica, unitaria, che dal prologo iniziale (colpo di genio dell’autore) seguito dal “coro” d’apertura, va man mano dipanandosi in scene a duetto e terzetto che dipingono situazioni con diverso carattere amoroso fino all’esodo gioioso e “corale” del ballo finale. Tradire questa sequenza di brani (recuperati grazie ad una nuova edizione critica completa, espressamente edita per questa incisione discografica) sarebbe assimilabile ad un arbitrario smarrimento della concatenazione narrativa d’un dramma lirico, ben studiato a tavolino dall’autore, che alterna momenti di fasto sonoro a momenti di solitario ripensamento, dalla gioia al dramma, dall’erotismo alla preghiera.
      L’apertura del libro è affidata ad una Simphonia strumentale (assimilabile ad una “Sinfonia avanti il levar de la tela”) che ingloba i bellissimi versi di Giambattista Marino, Tempro la cetra tratti da La Lira, una raccolta di componimenti delle Rime, pubblicate tra il 1602 e il 1614. Oltre ad una mera introduzione, quest’apertura è assimilabile ad un vero prologo di un’opera secentesca, affidata alla voce sola, che spiega al pubblico lo spirito e l’argomento del libro (come, ad esempio, avviene nel prologo affidato alla Musica nel precedente Orfeo, 1607). Come in un madrigale (e forse proprio per questo possiamo definirlo ancora un madrigale) le note si assoggettano al significato delle parole, abbandonandosi a madrigalismi che lanciano in note acute le parole alzo talor lo stil, fiorendo di semicrome e abbellimenti le parole e pur tra’ fiori, rallentando fingendo d’addormentarsi nei versi conclusivi in grembo a Citerea, dorma al tuo canto. Il risveglio (prima della conclusione finale che ci riporta alla sinfonia iniziale variata) è una gioiosa danza che sembra riservata ad un abile gruppo di danzatori. Nell’edizione di Malipiero del 1932 (unica trascrizione per ora in commercio) troviamo in questo brano alcuni errori che sono stati corretti nella nostra edizione: oltre all’omissione d’alcuni abbellimenti originali, menzioniamo il testo erroneo de la lira sublime (l’originale è: de la tromba sublime), le diverse legature di valore sparite nell’edizione del ’32 (la più percepibile, anche ad un ascolto distratto, è l’ultima nota finale del violino secondo), errori di note nelle parti interne strumentali. Esattamente come avviene per la prima composizione, anche tutti gli altri brani del libro hanno subìto una totale revisione critica che confronta la prima edizione del 1619 con le successive ristampe (del 1622, 1623, 1628, 1641) e successivamente confronta i testi con quelli delle pubblicazioni letterarie originali: molto spesso accade di notare delle discresie tra le versioni che a volte ne alterano la musica, a volte il significato testuale. Nel finale del brano successivo abbiamo una di queste distorsioni. Operando una collazione dei testi, notiamo che le parole assegnate alle parti vocali terminano con due diverse versioni: de l’antiche dolcezze ancor gli honori oppure ...ancor gli humori mentre il testo originale di Marino è ...ancor gli odori. Quest’ultima probabilmente è la versione corretta (le altre hanno solo un’assonanza musicale ma non semantica): una dell’essenziali tematiche del Settimo Libro è proprio quella del “profumo”. Questo tema lo troviamo anche nei brani Vaga su spina ascosa (dove si invocano le primaverili Ninfe de gli odori e in Con che soavità (12 del 2° cd) in cui Guarini cita le amate labbra odorate. Quest’ultimo brano, insieme al secondo, meritano la nostra attenzione: sono due brani in cui gli strumenti concertano, dialogando, con le voci. A quest’olmo è un madrigale a sei voci, con basso continuo, due violini e due flauti obbligati (cioè Monteverdi stesso scrive che desidera questi strumenti segnandoli sulla parte, cosa abbastanza rara in un epoca in cui si scrivevano linee melodiche che venivano poi assegnate agli strumenti che erano reperibili per una specifica esecuzione). Deducendo che il compositore avesse a disposizione due bravi flautisti, abbiamo ampliato l’organico strumentale del libro anche a questi due strumenti, alternandosi ai violini (come in questo secondo madrigale), nel primo brano e nel Ballo finale, ottenendo quella varietà timbrica desiderata da Monteverdi nel secondo brano.
      Con che soavità, contrariamente a quanto si possa pensare, non è un madrigale a voce sola accompagnata da strumenti ma un brano a dieci voci, divise in tre cori, di cui una sola linea è cantata, mentre le altre voci sono affidate a strumenti anzichè a cantanti. Questa idea policorale, omaggio ad una concezione tutta veneziana di comporre (ricordiamo i brani di Gabrieli), sottintende un testo che è rivelatore d’un importante svolta concettuale e musicale. I versi di Marino, infatti, antepongono le parole ai baci, in quanto escludono l’uno irrimediabilmente l’altro (s’ancidono fra lor): è l’eterno conflitto fra la razionalità e la passione. Sarebbe bello che queste due parti dell’animo umano si unissero e creassero armonia nel rapporto amoroso come nel nostro vivere quotidiano; purtroppo questo non può avvenire. Monteverdi materializza musicalmente questo pensiero ponendo la voce sola (non polifonia, ma voce sola accompagnata solo dal suo basso continuo) in mezzo ai due concetti (la razionalità e la passione) materializzati dai due cori di strumenti asemantici, senza testo. I due cori sono oltremodo antitetici perchè l’autore scrive che devono essere composti da un gruppo di viole da gamba (con organo come basso) e un gruppo di strumenti da braccio ossia un quartetto d’archi “moderno” (con il clavicembalo). L’uomo sogna l’armonia ma nella realtà deve scegliere fra baci e parole, fra istinto e lucidità, sperando d’unirli ma sapendo già che la vittoria d’uno conduce alla morte dell’altro (Che soave armonia fareste, o dolci baci, o cari detti, se foste unitamente d’ambedue le dolcezze ambo capaci). Sotto le righe, in questo preciso momento storico, Monteverdi ci sta dicendo che sarebbe bello che il mondo antico (il coro di viole da gamba e tutto ciò ad esso congiunto) vivesse in armonia con il nuovo (il quartetto d’archi), ma la risposta è fatale: da questo madrigale in poi “l’antico” sparirà e il “nuovo” procederà irrimediabilmente. Mai più, da questo momento, troveremo le viole da gamba (ricordiamo che Monteverdi era entrato in contatto con la corte dei Gonzaga presentandosi come violista) che cederanno il passo ai violini (e il violoncello, considerato un violino da braccio bassa); mai più Monteverdi ritornerà a comporre il madrigale a cinque voci; mai più egli ritornerà a Mantova. Sarebbe bello che tutto si conciliasse, ma il cammino verso l’epoca moderna travolge il mondo antico: questo brano segna concettualmente il preciso punto di cambiamento storico.
      La Lettera amorosa e la Partenza amorosa sono due monologhi dedicati rispettivamente ad una voce acuta e ad una voce media (tenore o baritono): entrambi, dopo il titolo originale apposto dal compositore, recano la dicitura a voce sola in genere rappresentativo et si canta senza battuta. Come scrivevo nella pubblicazione del Sesto Libro riguardo al solistico Lamento d’Arianna, il significato della dicitura apposta da Monteverdi pone al cantante il problema interpretativo della rappresentazione del brano che non significa indossare costumi per divenire il personaggio, ma quanto “essere” quel personaggio: in quel momento (e per momentanea finzione teatrale) egli vive tangibilmente quelle situazioni coinvolgendone il pubblico. La seconda indicazione cantar senza battuta, “non presenta particolari problemi, riferendosi trasparentemente alla necessità di una declamazione che fuggisse agni rigidità ritmica in favore di una scioltezza recitativa governata dai soli metri dell’ “oratione” e dell’ “affetto” (P. Fabbri: Monteverdi, 1985).
      Per favorire tale scioltezza, parte del basso continuo è scritta (per la prima volta nelle edizioni di Monteverdi) “in partitura” cioè sovrapponendo la linea del cantante a quella dello strumento che la accompagna favorendone la coordinazione e la libertà interpretativa. Molti musicologi ed interpreti giustificavano la scelta monteverdiana della voce acuta per la Lettera amorosa, immaginando fosse letta dall’amata che riceve lo scritto. Siamo d’opinione contraria proprio perchè il titolo del poeta Claudio Achillini non lascia dubbi: Cavaliere impaziente delle tardate nozze, scrive alla sua bellissima sposa questa lettera. Ancora una volta, abbiamo un argomento a difesa della nostra ponderata scelta d’utilizzo delle voci maschili nelle tessiture acute, già difesa nelle precedenti pubblicazioni.
      I duetti che compongono questo Libro mostrano la grande novità: scene teatrali amorose, dolci o buffe (Io son pur vezzosetta o Dice la mia bellissima Licori, si alternano a momenti di disperata espressività ed intensità. Fra questi S’el vostro cor, madonna e Interrotte speranze traducono l’intensità che riesce ad irrompere da un organico così ristretto. Dramma privato e cuore sofferente del libro, i due madrigali mostrano quella sapienza monteverdiana (frutto della Seconda prattica) di creare pathos, emozione, turbamento, commozione. L’unisono iniziale di Interrotte speranze che sfocia in dissonanza è un’elaborazione degli esperimenti ascoltati nel Quarto Libro nel madrigale Ah, dolente partita; il cromatismo di S’el vostro cor, madonna condurrà ad esiti fonici inaspettati.
      Nel “Concerto” una particolare attenzione, anche numerica, è rivolta ai componimenti poetici dedicati al tema erotico del “bacio” scritti da Giambattista Marino nelle Rime amorose: Vorrei baciarti, o Filli (con il titolo originale letterario: Bacio in dubbio), Perchè fuggi (Bacio involato), Tornate, o cari baci (Baci cari) e il geniale e malizioso terzetto Eccomi pronta ai baci (Bacio mordace). L’estremismo, invece, è testato in Parlo, miser, o taccio, a tre voci, dove le possibilità vocali dei cantanti sono messe a dura prova da tessiture dilatate sia nell’acuto che nel grave (più di due ottave d’estensione sono vocalmente necessarie al basso per l’esecuzione di questo brano: forse un omaggio al celebre cantante estense Giulio Cesare Brancaccio) che rendono musicalmente le estremismi concettuali e i contrasti delle parole.
      Conclude il libro il Ballo Tirsi e Clori che, conformandosi al Libro che ha in maggioranza madrigali a due voci, inizia proprio con un dolcissimo duetto tra due pastori. Caratteri diversissimi si avvicendano solisticamente concludendo con un duetto: in un ritmo ternario, di danza, Tirsi vorrebbe trascinare l’amata Clori alla gioia e ai piaceri della danza, ma timidezza e ritrosia femminile (musicalmente visualizzata da una libertà recitativa offerta dal tempo binario) frenano lo slancio passionale del pastore. Il duetto finale è simbolo dell’unione fra i due amanti che, placata ogni renitenza, sfocia poi nella gioia corale della danza trascinando altre voci e strumenti in una profusione d’alternanze ritmiche d’eterogenee atmosfere. Molte testimonianze, attestano che il Ballo fu composto da Monteverdi e da Striggio (stilisticamente l’autore del testo) per l’incoronazione del Duca Ferdinando Gonzaga nel febbraio 1616. Una lettera autografa ci offre una bella testimonianza di quello che Monteverdi stesso desiderava in quell’occasione: giudicherei per bene che fosse concertato in mezza luna, su li angoli della quale fosse posto un chitarrone et un clavicembalo per banda, sonando il basso l’uno a Clori et l’altro a Tirsi, et che anch’essi avessero un chitarrone in mano sonandolo et cantando loro medesimi nel suo et li detti duoi ustrimenti. Se vi fosse un arpa in loco del chitarrone a Clori sarebbe anco meglio, et gionti al tempo del ballo dopo dialogati che averanno insieme, giongere al ballo sei altre voci per essere ad otto voci, otto viole da braccio, un contrabasso, una spineta a spata. Se vi fossero anco duoi leuttini piccioli sarebbe bene. La volontà di differenziare i due protagonisti è chiarissima sia nella disposizione scenica (devono stare ai due lati opposti della scena) che nella caratterizzazione timbrica degli strumenti che li accompagnano (Tirsi, clavicembalo e chitarrone in mano; Clori, chitarrone o meglio l’arpa). E’ facile notare come il brano descritto ha alcune differenze sostanziali nell’organico (nel ballo finale cita otto voci accompagnate da otto archi e contrabbasso e bc, rispetto alle sole cinque voci del Settimo Libro), ma sappiamo come Monteverdi adattasse le proprie musiche alle varie occasioni e ai vari organici disponibili. Per ricordare questa bramata opulenza strumentale, nella nostra versione, raddoppiamo le cinque linee vocali del finale con violini, viole (da gamba e da braccio), violoncello, contrabbasso, flauti, percussioni e tutti gli strumenti di continuo usati nei precedenti madrigali: questo contrasta felicemente con l’arpa sola che accompagna Clori e il clavicembalo, la viola da gamba e la chitarra barocca che immaginiamo suonata dalle stesse mani da Tirsi.

      Marco Longhini (note al CD Naxos 8.555314-16)
  • Testi gruppo di lettura, martedì 21 maggio. Approfondimento e letture da Malina - I segreti della principessa di Kagran e capitolo sogno su Paul Celan

  • Malina: le voci e le per-sonae

    • Infratesto musicale ciao in Malina Ed critica p. 59

      Solo nel 1704 comparve il testo che si canta ancor oggi, con il titolo di «Le prisonnier de Hollande», “Il prigioniero in Olanda”, scritto presumibilmente in occasione della guerra tra la Francia di Luigi XIV detto il Re Sole ed i Paesi Bassi. La canzone riscosse un immediato successo tra la fanteria grazie al suo ritmo brioso ed al suo ritornello che rammentava ai combattenti gli affetti lasciati alla partenza.

      È conosciuta con alcune varianti che riguardano soprattutto i nomi dei luoghi in Francia, Svizzera e Canada.

      Questa canzone di origine francese potrebbe avere radici lontane nel tempo. Nel Chansonnier de Bayeux del XV secolo si trova una canzone con parole simili:

      Qui le varianti - 

      Au jardin de mon père Nel giardino di mio padre
      Il y croist un rousier. Cresce un roseto
      Trois jeunes demoiselles Tre giovani fanciulle
      Si s’y vont umbragier cercano la sua ombra

      E nel 1575 il signor Balbani, di origine italiana ma emigrato nelle Fiandre, annotava una canzone che temina con queste parole:

      Que me donnez-vous belle si je l'iray querir Cosa mi date bella se andrò a prenderlo (il vostro innamorato)
      Je vous donray Bolongne Bruges Gand et Paris Vi darò Boulogne Bruges Gand e Parigi
      Et la clere fontaine quy sort en no jardin E la chiara fonte che esce nel nostro giardino
    • https://www.youtube.com/watch?v=AjEIVO9Xitk

  • Testi gruppo di lettura, martedì 28 maggio. Approfondimento e lettura di Böhmen liegt am Meer

  • Der dritte Mann / Il terzo uomo / The Third Man - una citazione cinematografica


    • Nel secondo dopoguerra, lo scrittore americano Holly Martins giunge a Vienna su invito del suo amico Harry Lime; ma una volta in città, Martins scopre che l'amico ha appena perso la vita in un incidente stradale. Eppure, ci sono ancora molti interrogativi attorno alla morte di Lime: per esempio, chi è il misterioso "terzo uomo" che qualcuno ha visto accanto al cadavere? Martins decide di indagare...
      Capolavoro assoluto del cinema britannico e vetta insuperata del genere noir, Il terzo uomo, diretto dal regista inglese Carol Reed, è uno di quei classici senza tempo che a distanza di oltre mezzo secolo continuano a conservare il loro status di film-cult. Sceneggiato dal celebre scrittore Graham Greene (che ne ha tratto anche un omonimo racconto), Il terzo uomo ha vinto la Palma d'Oro come miglior film al Festival di Cannes del 1949 ed ha ottenuto un grande successo in tutto il mondo, al punto da dar vita perfino ad una serie radiofonica dal titolo Le avventure di Harry Lime. Protagonista della pellicola, nel ruolo di un disilluso scrittore americano di nome Holly Martins, è Joseph Cotten, affiancato dall'attrice italiana Alida Valli nella parte di Anna Schmidt, una donna affascinante ed ambigua espatriata dalla Cecoslovacchia, che aiuta Martins nelle sue indagini e della quale egli finisce irrimediabilmente per innamorarsi... continua a leggere, sulla pagina trailer , recensioni etc.

    • Libretto/Lyrics/Text/Testo:

      BRANGÄNES STIMME
      wie vorher
      Habet acht!
      Habet acht!
      Schon weicht dem Tag die Nacht.

      TRISTAN
      lächelnd zu Isolde geneigt
      Soll ich lauschen?

      ISOLDE
      schwärmerisch zu Tristan aufblickend
      Lass mich sterben!

      TRISTAN
      ernster
      Muss ich wachen?

      ISOLDE
      bewegter
      Nie erwachen!

      TRISTAN
      drängender
      Soll der Tag
      noch Tristan wecken?

      ISOLDE
      begeistert
      Lass den Tag
      dem Tode weichen!

      TRISTAN
      Des Tages Dräuen
      nun trotzten wir so?

      ISOLDE
      mit wachsender Begeisterung
      Seinem Trug ewig zu fliehn.

      TRISTAN
      Sein dämmernder Schein
      verscheuchte uns nie?

      ISOLDE
      mit grosser Gebärde ganz sich erhebend
      Ewig währ' uns die Nacht!

      Tristan folgt ihr, sie umfangen sich in schwärmerischer Begeisterung

      English Libretto or Translation:

      Not entered separately yet.

      Full English translation Tristan und Isolde
    • Libretto/Lyrics/Text/Testo:

      ISOLDE
      Mild und leise
      wie er lächelt,
      wie das Auge
      hold er öffnet ---
      seht ihr's Freunde?
      Seht ihr's nicht?
      Immer lichter
      wie er leuchtet,
      stern-umstrahlet
      hoch sich hebt?
      Seht ihr's nicht?
      Wie das Herz ihm
      mutig schwillt,
      voll und hehr
      im Busen ihm quillt?
      Wie den Lippen,
      wonnig mild,
      süsser Atem
      sanft entweht ---
      Freunde! Seht!
      Fühlt und seht ihr's nicht?
      Hör ich nur
      diese Weise,
      die so wunder-
      voll und leise,
      Wonne klagend,
      alles sagend,
      mild versöhnend
      aus ihm tönend,
      in mich dringet,
      auf sich schwinget,
      hold erhallend
      um mich klinget?
      Heller schallend,
      mich umwallend,
      sind es Wellen
      sanfter Lüfte?
      Sind es Wogen
      wonniger Düfte?
      Wie sie schwellen,
      mich umrauschen,
      soll ich atmen,
      soll ich lauschen?
      Soll ich schlürfen,
      untertauchen?
      Süss in Düften
      mich verhauchen?
      In dem wogenden Schwall,
      in dem tönenden Schall,
      in des Welt-Atems
      wehendem All ---
      ertrinken,
      versinken ---
      unbewusst ---
      höchste Lust!

      Isolde sinkt, wie verklärt, in Brangänes Armen sanft auf Tristans Leiche. Rührung und Entrücktheit unter den Umstehenden. Marke segnet die Leichen. Der Vorhang fällt langsam


      English Libretto or Translation:

      ISOLDE
      Mildly and gently,
      how he smiles,
      how the eye
      he opens sweetly ---
      Do you see it, friends?
      Don’t you see it?
      Brighter and brighter
      how he shines,
      illuminated by stars
      rises high?
      Don’t you see it?
      How his heart
      boldly swells,
      fully and nobly
      wells in his breast?
      How from his lips
      delightfully, mildly,
      sweet breath
      softly wafts ---
      Friends! Look!
      Don’t you feel and see it?
      Do I alone hear this melody,
      which wonderfully and softly,
      lamenting delight,
      telling it all,
      mildly reconciling
      sounds out of him,
      invades me,
      swings upwards,
      sweetly resonating
      rings around me?
      Sounding more clearly,
      wafting around me ---
      Are these waves
      of soft airs?
      Are these billows
      of delightful fragrances?
      How they swell,
      how they sough around me,
      shall I breathe,
      Shall I listen?
      Shall I drink,
      immerse?
      Sweetly in fragrances
      melt away?
      In the billowing torrent,
      in the resonating sound,
      in the wafting Universe of the World-Breath ---
      drown,
      be engulfed ---
      unconscious ---
      supreme delight!

      Sheetmusic in our database with this aria

      Operatic Anthology: Soprano

  • libro del deserto

  • Giornata di studi dedicata a Ingeborg Bachmann, 04 giugno 2019. "Il dicibile e l'indicibile": Ingeborg Bachmann Colloquio e Letture

  • Argomento 35

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